Vite in gioco

Vite in gioco

Il titolo è quello di un libro di Emanuela Audisio editorialista di Repubblica che ho appena terminato di leggere. Si tratta di una raccolta tratta dalla newsletter della giornalista, lei stessa ex atleta.

Le Olimpiadi rappresentano molto più di una semplice competizione sportiva: sono un simbolo di unità, impegno e sacrificio. Ogni quattro anni, atleti da tutto il mondo mettono in gioco le loro vite, allenandosi duramente per rappresentare non solo se stessi, ma anche le loro nazioni, mostrando al mondo il vero significato del sacrificio, della perseveranza e del sogno olimpico. Talvolta lo sport veicola e rivendita i diritti fondamentali dell’uomo e la lotta politica diventa più importante dei record o delle medaglie.
La passione per lo sport non deve rimanere confinata ai campi olimpici e soprattutto non è un qualcosa che nasce e vive da sé quasi per miracolo. Lo sport nasce e cresce con noi, attraverso lo sport i giovani scoprono il valore della disciplina, dell’impegno e della cooperazione, valori fondamentali non solo per diventare futuri atleti, ma anche per crescere come individui. Attraverso lo sport, gli studenti imparano a rispettare le regole, a confrontarsi con gli altri e a superare i propri limiti, acquisendo competenze che saranno cruciali per tutta la loro vita. In un’epoca in cui la tecnologia e la vita sedentaria rischiano di allontanare i giovani dall’attività fisica, è fondamentale che le scuole promuovano lo sport come parte integrante della formazione. Non si tratta solo di migliorare la salute fisica, ma anche di costruire caratteri forti e resilienti, capaci di aOrontare le sfide della vita con determinazione. Le esperienze anche personali come genitore, come docente e come atleta master, mi hanno tuttavia fatto capire che purtroppo la nostra scuola non è ancora pronta ad aOrontare l’argomento e a “mettersi in gioco”. Non riconoscere lo status di atleta ad un proprio studente è già di per sé una cosa deplorevole, rendergli la vita impossibile a scuola senza tener conto delle esigenze a volte banali come il non essere interrogato il lunedì dopo tre giorni di gare magari in trasferta, è un crimine. È un crimine verso il ragazzo e verso il concetto stesso di cultura dello sport che tutti siamo pronti ad osannare, quando alla televisione vediamo atleti giovanissimi salire sul gradino più alto dello sport, incoronati dagli applausi di un’intera nazione al suono dell’inno nazionale. Penso ai docenti che nonostante mio figlio fosse un atleta seguito dal CONI (solo venti in Italia) al liceo non volevano permettergli di inserire nella presentazione per l’esame di maturità nel suo PTCO, la parte relativa alla sua attività agonistica nel nuoto. Mi ricordo la frase del coordinatore di classe: “Non è giusto nei confronti degli altri”. Penso che la frase si commenti da sola per la stupidità e che ben rappresenti quella falsa politica di comunità livellante che è la scuola oggi, una scuola che ha paura del diverso, una scuola che parla di inclusione solo di comodo e che non ha gli strumenti né le competenze per capire che gli atleti al pari dei filosofi, dei musicisti o dei medici, possono appunto “cambiare il mondo”.


Noi di Fam@cademy desideriamo essere parte attiva e innovativa, propositiva e non solo critica, stiamo pensando a delle soluzioni per a7iancare gli studenti atleti nella di7icile pianificazione dello studio. In particolare stiamo sviluppando App per la gestione di materie scolastiche per acquisire attraverso il “gioco” competenze concrete: un primo esempio frutto del lavoro e dell’esperienza delle docenti del nostro sta7 l’App Fam@cademy presentata al Salone del libro dello scorso maggio.

Le Olimpiadi ci ricordano che la vita è una competizione, ma soprattutto un’opportunità per mettere in gioco noi stessi e migliorare continuamente. In questo senso, lo sport a scuola diventa un terreno di prova per preparare i giovani ad affrontare con coraggio e dedizione le sfide del futuro. Le vite sono davvero in gioco, e lo sport è il campo dove imparare a vincere, non solo in gara, ma anche nella vita.

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